GERMANWATCH 2017: ecco i risultati del rapporto presentato alla conferenza di Bonn

Il rapporto annuale di Germanwatch 2017, curato dalla omonima ONG tedesca, rivela che la strada da percorrere per mantenere e rendere concreti gli impegni presi con gli Accordi di Parigi è ancora lunga. La conferenza sul clima tenutasi a Bonn, prende in considerazione l’andamento climatico di 56 paesi del Pianeta con l’aggiunta, quest’anno, anche dell’Unione Europea. I paesi presi in considerazione rappresentano circa il 90% dell’emissione globale.

Fatto significativo è che, anche per quest’anno, nessun paese si attesta nelle prime tre posizioni in quanto nessuno di questi ha raggiunto la performance necessaria per mantenere le emissioni globali ben al di sotto della soglia critica dei 2°C. La graduatoria, quindi, si apre con la Svezia al 4° posto che dimostra un’ottima performance nella riduzione delle emissioni pro-capite nel periodo 2010-2015, segue la Lituania al 5° posto anch’essa vicina a rispettare gli accordi di Parigi, anche se si registra un preoccupante aumento delle emissioni, e poi il Marocco al 6° posto che consolida la sua leadership nel nord Africa grazie ai considerevoli investimenti nelle rinnovabili.

Mentre la Francia si attesta al 15° posto, l’Italia conferma il 16° posto dello scorso anno grazie alla buona performance nelle rinnovabili dovuta all’onda lunga degli investimenti degli anni precedenti, arrestatasi purtroppo nel 2014, e dal contributo dell’efficienza energetica. Un risultato raggiunto nonostante l’assenza di una politica climatica nazionale adeguata agli obiettivi di Parigi. Un’assenza che tuttavia si fa sentire sempre più: le emissioni in Italia sono continuate a crescere anche nel 2016 dello 0.4% rispetto all’anno precedente e dopo il 2% del 2015, invertendo la tendenza positiva degli anni scorsi che ha consentito alla Penisola una consistente riduzione delle emissioni attestatasi nel 2016 al 16.4% rispetto al 1990.

La new entry di quest’anno, l’Unione Europea, si piazza solo al 21° posto data la divergente performance dei suoi stati membri. Legambiente ricorda che l’Europa, sulla base delle raccomandazioni dell’UNEP, deve aumentare il suo obiettivo di riduzione delle emissioni al 55% per contribuire a mantenere la temperatura globale al di sotto dei 2°C ed almeno al 58% per cercare di limitarne l’aumento non oltre l’1.5°C. Obiettivo ambizioso ma possibile.

L’Europa – dichiara Mauro Albrizio, responsabile politiche europee Legambientedeve dimostrare con i fatti che la sua leadership globale non si limita sola alla diplomazia climatica, ma deve riguardare anche i suoi impegni attuali di riduzione  delle emissioni, rivedendo  gli obiettivi del pacchetto clima-energia 2030 e dando così un segnale forte. Tutti i governi europei sono chiamati a fare la loro parte, Italia compresa. Nel nostro Paese una prima importante risposta è venuta la scorsa settimana con l’adozione della nuova Strategia Energetica Nazionale (SEN) che fissa al 2025 l’abbandono del carbone, ma non è sufficiente. Ora la sfida sta nel portare avanti le scelte con politiche coerenti per tradurre in realtà la promessa di Parigi e accelerare la transizione fondata su efficienza energetica e rinnovabili.

Legambiente ricorda che nello scenario tracciato dalla SEN al 2030 le rinnovabili si dovranno fare carico del 55% dei consumi elettrici (rispetto al 33.5% attuale) e solo del 28% (rispetto al 17.5% attuale) dei consumi energetici totali; mentre i combustibili fossili continueranno a fare la parte da leone con il restante 72%, grazie soprattutto al contributo del gas, consentendo una riduzione delle emissioni climalteranti derivanti dai consumi energetici di solo il 39% nel 2030 e del 63% nel 2050. Obiettivi inadeguati a consentire una riduzione di almeno il 95% delle emissioni entro il 2050, in linea con l’Accordo di Parigi. Pertanto questi obiettivi dovranno essere rivisti già nei prossimi mesi con l’adozione del Piano Nazionale Clima-Energia 2030 da presentare entro il 2018 alla Commissione Europea.

Tornando alla classifica, nelle retrovie troviamo la Cina (41°) e gli Stati Uniti (56°), principali responsabili delle emissioni globali. Per quanto riguarda la Cina, nonostante la scarsa performance rispetto agli obiettivi di Parigi, va sottolineata la sua leadership globale nella riduzione del consumo di carbone e lo sviluppo delle rinnovabili, che tuttavia costituiscono ancora una quota limitata del suo mix energetico. Gli USA con Trump sono indietreggiati in quasi tutti gli indicatori compromettendo i passi in avanti degli scorsi anni. Nonostante la nuova presidenza, una nuova stagione dell’azione climatica è alle porte grazie ad una inedita Alleanza per il Clima. Oltre 2.500 tra stati, città, imprese nazionali e multinazionali, università e college hanno confermato qui a Bonn la partecipazione statunitense all’Accordo e il mantenimento degli impegni assunti a Parigi attraverso la loro azione congiunta, bypassando l’Amministrazione federale.